Nel 1975 mi sono trasferito a Firenze, nel popolare quartiere di Santa Croce, allora uno dei più vivi, dei più caratteristici della città. A Firenze la mia compagna, con la quale vivevo, frequentava la Facoltà di Magistero, allora presieduta da Piero Bigongiari, ed è stato in quel periodo che ho incontrato tutta la poesia allora definita sperimentale: il Verri, il Gruppo 63, Tel Quel, Saussurre, il significante e il significato, La ragazza Carla, Balestrini e Laborintus, ai quali si mescolavano le passioni politiche, allora vive e pulsanti, la fede nel domani, la visione della storia come elemento di promozione, se non riscatto, sociale e civile. Opera Prima, è nato in questo contesto, in quegli umori, in quelle solitarie letture e passeggiate.
Nel 1981 raggiunsi un accordo con un editore milanese, Miano, e nel 1983 vide finalmente la luce il mio libro, che ebbe un discreto successo, tante attenzioni e recensioni, finalista al Premio Biella opera prima 1984. Nel 2014, per l'editore Narcissus.me il libro è stato pubblicato in edizione digitale.
I ragazzi hanno urlato alla notte
I ragazzi hanno urlato alla notte
le nostre parole, le stesse parole
"Solo il domani canteremo
ciò che è stato ora va!"
Poi
più niente. Minuscoli cerchi.
Dalla strada il silenzio s'appanna
come freddo alla finestra.
Due mosche s'inseguono
Su e giù. Ciclisti senza posa
ripetono qualcosa...
Lei così, volando,
sul mio naso si poserà
come al centro di un riflettore
e cominciando una logora sequenza
di un qualche futuro racconterà
con la voce
di una stanca bambina.
E da un qualche angolo della stanza
m'apparirò. Stucchevoli frasi
mi stringeranno
come un cappello troppo piccolo
alla testa
"quella vena che ti donai
si è esaurita?"
"la sedia che orgoglioso mostravi
appartiene ancora al legno che la nutrì?"
Poi - per questo tormento sul naso -
sull'ora già tarda
il viso poserò,
e dalla falla un sogno scivolerà
dove m'apparterrò
in un silenzioso riposo.
Voci dalla strada
Voci dalla strada come cani spauriti corrono,
donne alzano gli occhi,
e i vecchi annusano cosa cambia.
Cambia il tempo,
e le parole dove si difende.
E il cielo è striscia qua e là, alzando le spalle,
come un'avanguardia di se stessa.
Gli occhi colgono qualcosa
che la testa rifiuta,
e in questo attimo sta una parola,
come una sabbia incavata dentro il sole.
Dal vuoto del ponte della ferrovia
Dal vuoto del ponte della ferrovia
sbucò
al treno in corsa
il bianco del pendio.
Come finisse il cielo dietro, e vuoto
intorno agli astronauti.
Come luce o pulce o bandiere rosse
al Magistero.
Mio amore rigogliosa terra,
io vorrei che questo vento questo canto
posasse sui tuoi capelli
la spilla il grano.
L'alba difficile rosa.